giovedì 28 giugno 2007

L'isteria di noi donne

Ci hanno sempre tacciato di isteria a noi donne, e la cosa peggiore è che se ti trovi a contatto per luoghi periodi con colleghe/amiche/sorelle/mamme finisci per convincertene anche tu. Perché prima o poi ti ci scontri e non sempre per motivi futili.

Ieri vedevo una pubblicità nuova alla tv dove si sottolineava l'importanza di un prodotto per la regolarità giornaliera... dai che avete capito... E in pratica davano tra le motivazioni dei ritardi intestinali il cambio di bagno.
A me questa problematica giungeva del tutto nuova ma non alla persona con cui stavo vedendo la tv in quel momento. Mio fratello infatti affermava che le fanciulle si sentono in imbarazzo quando devono espletare le naturali funzioni di "evacuazione delle zavorre" se nella stanza accanto c'è qualcuno che possa sentire, rumori od odori che siano. A parte il fatto che questo mi fa sentire poco femminile, perché io quel problema non l'ho mai avuto... non vi sto a dire poi che gioia sia sentirtelo spiegare da tuo fratello minore come se stesse spiegando le mestruazioni alla sorellina di 11 anni... comunque, tornando a bomba, le ragazze hanno dunque codesta difficoltà.
Io sono del parere che la vanità si possa sacrificare in nome della salute, indi-per-cui al diavolo la tazza del gabinetto dove siedo: l'unica conditio sine qua non è l'igiene. Però, se mai avessi avuto qualche dubbio, è evidente che non faccio testo perché le donne, quelle vere, hanno PURE questa seccatura.
Ma insomma, ci mancava solo la stitichezza! Non ne avevamo già una quantità di ragioni per essere nervose già di nostro?

Si maschi maschilisti che non siete altro! Pensateci su un attimino.

Vabbhe, incalzare subito col problema mestruazioni è come sparare sulla Croce Rossa. Già la sindrome premestruale che, mi dicono, colpisca "molte" donne (mai conosciuta una senza) ci rende irresistibili per qualche giorno, nel senso che chi ci è accanto a stento resiste a commettere un gesto inconsulto. Ma poi, quando passano 'sti giorni di passione, arriva il clou del problema. Passino gli assorbenti che non ci sono mai quando servono, i vestiti che cambiano taglia, le borse sotto gli occhi come se non dormissi dal '94, una cosa non si sopporta proprio... I DOLORI! Gli stramaledetticheildiavoloseliporti dolori mestruali...
Sfido chiunque ad essere di buon umore quando le normali funzioni del tuo corpo si rifiutano di svolgere correttamente i loro compiti.
C'è inoltre una gamma di fortunate che prosegue ancora per qualche giorno dopo "quei giorni lì" dolori e nervosismi, grazie (...grazie di che?) all'ovulazione dolorosa. Fortunate mortali!

Ma ringraziamo ancora la pubblicità perché ha fatto partecipe anche l'altra metà del cielo di un altro problemino tipicamente femminile: le perdite. Credo che siano state le donne a coniare l'espressione "pisciarsi sotto dalle risate"... Stai lì che ridi come un matta, piegata in due e con le lacrime agli occhi ed ecco che d'improvviso ti irrigidisci perché ti stai lasciando dietro qualcosa che non è autorizzato a lasciare la zona... Ma manco se po' ride!?
E fosse solo quello!!! Gli starnuti? Anche un semplice starnuto può improvvisamente farti passare dal lato degli incontinenti.

Facendo un rapido calcolo su quanti giorni di grazia al mese possa passare una donna,
(sindromePremestruale x 5) + (mestruazioni x 5) + (ovulazioneDolorosa x 3) = 13gg di nevrosi
a cui potremmo aggiungere
(lieve incontinenza x Xgiorni) + (stitichezza continuata e indotta dalla vanità)
...Serve che tiri le somme? Non si capisce per conto proprio che lo strano è vedere le donne circolare per le strade senza kalashnikov?

Maschi, cercate di non provocare la prossima fanciulla con aria seccata che incrocerete in un corridoio dell'ufficio. Se non è in uno di quei giorni lì, sarà comunque innervosita dalla ruga d'espressione da "lavoro del cavolo" che le scava a tradimento solchi di vecchiaia. Quindi starà valutando quale crema antirughe le convenga comprare ora che la giovinezza la sta abbandonando.

In sintesi, non rivolgetele la parola... morde.

mercoledì 6 giugno 2007

Riding on a train (seconda parte)

Riassunto della puntata precedente: Gianni "the bastard inside" si trova a dividere lo scompartimento con un simpatico e (troppo) socievole vecchietto e una ragazza la cui presenza risulta irrilevante e inutile.

[...]
"Ma stavate in pianura?"

Alla fine il fetente che c'è in me si era fatto vivo...
Ma io non sono cattivo, piuttosto ho un dispositivo di difesa un pò troppo sensibile: scatta facilmente al minimo allarme. Quando si intrufola un virus in corpo entrano in azione gli anticorpi, no? Ecco, io ho i globuli bianchi anti-seccature, efficaci contro noia, pianti isterici, logorrea ed un'ampia gamma di seccature assortite.
Il nome scientifico è globuli ignobilorum, anche detti globuli spregevoli.

"Si, stavamo in pianura. Un bel pezzo di terra. Mio padre usciva tutte le mattine..."

Ah... Stai a vedere che il vecchio aveva l'antitodo.
Aveva risposto alla mia ironica domanda con assoluta compostezza e malcelato entusiasmo. Forse la cosa più ovvia da chiedere in quei casi era proprio la condizione del terreno. Non ci avevo pensato.
Non l'avevo molto impressionato a quanto pareva. Di sicuro non gli avevo fatto perdere il filo del discorso. Anzi, l'attenzione della platea lo incoraggiava.

L'avvincente racconto della sua vita continuava senza posa e senza pause; buttavo lo sguardo attorno alla ricerca di una scappatoia. Vediamo... Al bagno? No, è da troppo che non faccio l'antitetanica. Dico che vado a fumare! No... se no per restare fuori il più a lungo possibile è la volta che prendo il vizio.

La ragazza intanto si faceva i fatti suoi, apparentemente ignara della tragedia che si stava consumando, e di sicuro in lei non avrei trovato aiuto. Dovrebbero condannare anche questa come un'omissione di soccorso.

L'attacco di logorrea era a raffica adesso, coglievo solo alcune parole, mamma, patate, fame, ehhh caro mio!, campo, arare, muli... Vacillavo.

"Ma la vegetazione era già spontanea?"

ZAC! I miei globuli spregevoli contrattaccavano con le loro minc---nate.

"Si ma noi si lavorava sodo! Caro mio, non era mica come adesso che le case sono di cemento! Si lavorava nei campi e si arava e mio padre amava mia madre. Una bella coppia. Sa ad esempio i mattoni che c'erano una volta..."

ODDIO! NON POTEVO CREDERCI! UN ATTACCO DI GLOBULI SPREGEVOLI!!!
Era un attacco in piena regola, con le sue incongruenze bastarde e l'ipnosi dell'interlocutore...
Prendo il cellulare in mano e fingo di dover mandare un messaggio importante: questione di vita o di morte. Ma lui, impietoso continua a parlare.
Invio un sms a mia sorella:

Sono sul treno per andare a trovare Maurizio. C'è un signore anziano che è tipo nonno Simpson, mi sta raccontando di tutto. Ho iniziato a interromperlo con interventi idioti, tipo: "Ma stavate in pianura?", oppure "Ma la vegetazione era
già spontanea?" e mi risponde come fossero le domande più attinenti da fare. Poi
riprende. Devo chiedergli se il burro di bufala veniva già pastorizzato con il
butirro.


Bip, bip. Mia sorella risponde:

Digli che quando abitavamo a Roma avevamo una mucca in appartamento ma soffriva troppo e abbiamo dovuto sopprimerla.


He he he, vedi se non sono genetici i globuli ignobilorum! Ma il vecchio la sapeva lunga. Avvertì un altro stralcio del suo monologo: "...ma la casa di campagna era in muratura, eh? Mica di cemento comelefannoadessonononocaroleieeeehssì, mica no, muratura e via! Pedalare! Il cemento costava e mio padre era del 1884..."

"Eh si, che poi la riggiola da esterno è stata adottata molto dopo!"
ZAC, ZAC, ZAC, touche! Nuova linfa vitale scorreva nelle mie vene.
La riggiola! Ma come mi venivano in mente 'ste cacchiate? Mah, forse ha ragione mia madre, a non riposare di più tra un turno e l'altro di lavoro mi si era bruciato qualche neurone.

“E’ che una volta le cose si facevano diversamente, non erano così... Quando ero bambino e mio padre, che era del 1884, lavorava nei campi...”
”Eh, come è vero” lo interruppi “sa per esempio, dove lavoro io, è cambiato tutto. Un mio collega che lavorava con me nel... guardi, le parlo... eh si! Le parlo addirittura del... due... m... ila... quattro! Duemilaquattro! La bellezza di... TRE anni fa!” l’avevo detto con una disinvoltura sfacciata, allungando quell’anno al di là dei suoi 365 sacri giorni, come se il 1884 e il 2007 si distanziassero di una manciata di mesi.Quando il loquace signore scese dal treno, ormai ero soddisfatto. Sorridevo sornione mentre un oooommmmm risuonava al mio interno, il mio io saturo di una calda calma da cannabis.

“Tante buone cose e arrivederci!” Solo se non dovessi avere altra scelta, pensai.
Mentre andavo incontro ai miei amici alla stazione di Capaccio, prendevo mentalmente nota dell'orario di ritorno del gentile vecchietto. Per fortuna il biglietto ce l'avevo per il treno precedente.


(fine)
Tratto da una storia vera
Si ringrazia Gianni, il vecchietto e le ferrovie italiane

martedì 5 giugno 2007

Riding on a train (prima parte)

Qualche giorno fà ho ricevuto un sms da mio fratello in vena di una delle sue goliardate.
Era su un treno per andare a trovare alcuni amici e aveva come compagni di viaggio una silenziosa ragazza e un logorroico vecchietto.
Se fossero i personaggi di un libro di Nick Hornby, credo che il racconto sarebbe più o meno così:

Non è che avessi molta scelta, i treni che partono da Napoli sono talmente affollati che tra i posti a sedere sono contemplate anche le porzioni di moquette del corridoio.Quindi non feci lo schizzinoso quando trovai quel posto vuoto. Un esame veloce per controllare l'assenza di cicche sul sedile (sotto non mi sono certo dato la pena di guardare. C'erano. Sicuro.) e i requisiti essenziali erano soddisfatti. Mi sedetti.


"Buongiorno... Buongiorno..." dissi educatamente alla bella fanciulla del posto accanto e al vecchietto di fronte con un accenno.


La ragazza non era male, bellina davvero. E tentai l'approccio dalla base: "E' libero il posto, no?" "Si si" e sorrise. Ma non andò oltre... L'avrò spaventata? Bho.
Abbozzai la conversazione. Sorrideva. "Si... Io no capire. Scussi."
Non era una timidona e nemmeno le avevo messo soggezione col mio fascino animale, o magari anche, chissà; quello che però le impediva una fluente conversazione era l'ostacolo linguistico.
“Io greca”.

Fatta eccezione per "buongiorno, ciao e spaghetti" per il suo italiano e "kalimera" e kalisera... o kali-qualcosa, non ricordo... e pure mussaca e zazzichi, un repertorio scarso anche per rimorchiare un'aspirante cuoca, le barriere culturali impedivano la socializzazione.


E poi nemmeno mi piaceva...
Già.


Il vecchietto che fino a quel momento non aveva parlato, era rimasto affascinato nell’udire la cittadinanza della ragazza.
Era uno di quei vecchietti che sembrano imbalsamati sul sedile, dall’apparenza innocua, il cui silenzio non è però sintomo di pace interiore, piuttosto di strategia militare: studiano il nemico per capire da che lato attaccare.
Infatti prese la palla al balzo e iniziò a sciorinare le sue conoscenze storiche: “Quindi è greca! Eh, che bella la Grecia... L’antica Grecia! La mitologia, la storia... Conoscerà sicuramente la battaglia delle Termopili. Io le imparavo a scuola, tanto tempo fa’... La storia di Ulisse, Achille e di Troia...”.

Il viso della ragazza era un enorme punto interrogativo e doveva essersene accorto anche l’oratore perché si bloccò: “Ha presente Troia?”
Scussi. Io no capire. No parlo italiano”
“Si, ma Troia...” ma lei continuava a scuotere la testa sgranando gli occhioni, che avevano raggiunto le dimensioni di due padellini.
A quel punto la conversazione/monologo prese una piega più che grottesca. Se qualcuno fosse passato davanti allo scompartimento in quel momento sarebbe rimasto disgustato: un vecchiaccio bavoso che guardava una graziosa giovine dicendole “Troia... T-r-o-i-a... TROIA!” urlando come se le barriere linguistiche avrebbero potuto infrangersi all’intensità del suono. Intanto lei continuava a negare col capo e si vedeva chiaramente che era a disagio.
E se avesse capito il disguido che poteva intendersi tra la città di Ilio e il più antico mestiere del mondo, dubito che sarebbe stata soltanto a disagio.

”Omero... Odissea... La città distrutta…” tentai io soccorrendo la fanciulla in ambasce.
”Ah... Tria!” e noi che abbiamo detto finora?

Adesso sorrideva. Aveva capito. Una frazione di secondo e già era affaccendata in altro. Non voleva lasciare spazi bianchi individuabili al simpatico signore. Si vede che pensasse di aver già dato.


Io a quel punto scelsi il paesaggio come sfondo del desktop. E mentre quello scorreva le orecchie si disconnettevano, un torpore da sonnolenza mi assaliva e le immagini diventavano associazioni mentali... Il verde... La campagna... Un po' di pace... Vacanza...Finalmente qualche giorno di vacanza dopo turni su turni e giorni di intensi mal di testa e incazzature.
Cioè, fosse un lavoro tedioso il nostro capirei pure l'impegno dei colleghi ad inserire nuovi e giovani problemi diari... Ma la noia non è contemplata nel dizionario delle forze dell'ordine. Basta ascoltare i denuncianti per avere stimoli continui. Eh si, perché la gente... no, dico, la gente!! Parliamone! Ce la manderesti a quel paese, e come no! Accanto alla scrivania mi dovrebbero mettere l'inceneritore degli imbecilli: starebbe a tutto regime giorno e notte.
Se non mi prendevo qualche giorno di pausa rischiavo la liquefazione cerebrale.Un pò di chiacchere inutili con gli amici e di sane abbuffate come terapia e...


"Lei fà spesso questa tratta?"
Chi c---o è??? "...Prego?"


L'avevo sentito benissimo ma anche sperato che l'interlocutore, sempre il vecchietto sedutomi di fronte, capisse l'inopportunità del suo intervento, magari prima che io uscissi completamente dalle mie rilassanti/inutili/ovvie/cretine riflessioni.
"Ah, no. No, è che vado a trovare degli amici"
E prima che potessi girare lo sguardo di nuovo verso il finestrino: "Eh questo mondo! Ma dove vogliamo arrivare?"

PER L'AMOR DEL CIELO, NOOOOO! Qualcosa di più originale non c'era proprio da dire? Andava bene anche il buco dell'ozono! Voglio l'inceneritore! Adesso!! Subitooooo!!!
Per un pericoloso attimo il mio istinto di sopravvivenza stava per prendere ilsopravvento: sulla punta della lingua era precariamente aggrappato un "Io voglio arrivare alla stazione di Capaccio dopo Battipaglia. Sul serio, scendo lì."
Ma anche colto di sorpresa non riesco ad essere così bastardo, quindi allungai un sorriso complice appendendolo alla meglio sulle guance e ballonzolai la testa avanti e dietro come se mi mancasse l'articolazione cervicale. Senza fiatare annuivo comprensivo. Eeeeeh già.

Speravo che il mio silenzio lo scoraggiasse. Perché ero in silenzio, è vero, però avevo scritto in faccia "PERICOLO. Non ca-are fuori dal vasetto." in rosso lampeggiante.Ma i conti li avevo fatti decisamente male. Se c'è una cosa che gli anziani amano tanto è qualcuno che li ascolti. Il silenzio è d'oro. Per loro.


"Sa, una volta mica c'erano tutte queste cose... I treni per esempio. Cioè, i treni c'erano ma non così, con le carrozze così e i posti e tutto..."
Sicuro. Saranno stati a pedali. Sorrido. Annuisco.

"Eh..." riprese l'accattivante narratore, "il tempo passa..."
Ah, flalalai. Fa freschino oggi. Se lo dico io non lo dice lui...Sorrido sempre.


E poi la situazione precipitò irrimediabilmente. E non so come mi accorsi che parlava della sua vecchia casa ai tempi della guerra, "quando c'era la fame ma si stava meglio" (ah si?) e senza accorgermene, prima di stabilire il contatto cervello-lingua sparai:

"Ma stavate in pianura?"



(fine prima parte)

lunedì 4 giugno 2007

Scende la pioggia...

"...ma che fa?" Diceva una vecchia canzone.
Dibattito quantomai attuale: ma perché 2 gocce di pioggia paralizzano il traffico di Roma? Ok, non sono state sempre 2 gocce quelle degli ultimi giorni, però la cosa non è chiara lo stesso: cosa ha la pioggia che non va?

La pioggia di città è acida; vero.
Corrode i monumenti; vero. Quanti nasi mozzi di marmorei eroi si vedono al centro? I turisti penseranno a noi come a una città di vandali (e in un certo senso è vero: le piogge acide sono opera nostra).
Non è nemmeno troppo salutare per le piante: una sorsata e, se in un'altra vita non hanno ammazzato nessuno, Iddio glorioso concede loro di appassire in fretta. Di nuovo vero.
Ma percaso corrode anche le caviglie? Fa appassire i capelli? Inacidisce gli animi? ...Si, questo si... Ma la giustificazione al blocco del traffico dove sta?

Quando ero ragazzina e sentivo alla tv che la pioggia aveva bloccato il traffico, immaginavo Trinità dei Monti diventare improvvisamente una cascata di melma; i poveri turisti sorpresi dall'uragano spazzati via e trascinati fin dentro il Tevere; le strade che normalmente percorrevo per andare a scuola allagate, sommerse, cancellate dall'alluvione.
...Sta di fatto che l'unica cosa che poteva venirne di buono da tutto questo, ossia saltare le lezioni per una giorno, non accadeva mai: con gli stivali da pioggia e l'ombrellino trasparente coi disegnini, andavo per mano alla mia mamma alla fermata del 38barrato; l'autobus (molto lentamente, abbastanza da farmi tardare per il cazziatone della maestra) raggiungeva viale Regina Margherita e io arrivavo incolume alle Orsoline di via Nomentana...
E l'uragano che fine aveva fatto? Speravo sempre di non trovarla lì quando arrivavo; speravo un giorno che quell'acqua disastrosa diventasse un oceano, la scuola si sollevasse dalle fondamenta e al telegiornale avrebbero parlato di una nuova scuola elementare delle Orsoline in Uganda o nel Botswana (citazione per i miei avversari a Trivial)...
Ma no! Mai che mancasse all'appuntamento, lì stava!
E allora che sarà stata mai 'sta pioggia se non spazzava via nemmeno una povera scuola indifesa?!

Col tempo ho iniziato a capire che qualcosa non funzionava. L'equazione "pioggia=traffico nel caos" era accettata da tutti come un corollario, come una irrimediabile piaga dell'umanità. "Piove, porca miseria" "Eh si, ci sarà un casino per le strade". E in effetti c'era ma continuavo, cogitando sul sedile dell'autobus, a non capirne il perché.

No, non mi mandate commenti di lunghe e pazienti spiegazioni, ormai ci sono arrivata.
Il problema della pioggia è intrinseco alla sua natura, è che è bagnata... e la gente ha il terrore di bagnarsi!
Povera acqua maledetta e derisa! Innocente, pura (si fa per dire) pioggia fresca, musa dei poeti e vita dei campi!

Deh, romani, non temete! Io son qui per rinfrancar i vostri spiriti.
Rivolgo a voi un accorato appello, cari concittadini!
Le piogge innaffiano gli alluci sporgenti dalle femminee calzature, aggrovigliano i faticosamente lisciati crespi capelli (no no, non mi è venuto in mente perché ci combatto anche io...), rimandano i pic-nic, inumidiscono gli orli dei calzoni MA, cari tutti, non fracicano i cervelli! Non è quello il vostro problema!
Se avrete con voi un utilissimo parapioggia, potete girare in tutta libertà per la città usando i mezzi pubblici: perché tirare fuori dal garage la vostra quinta auto e gettarvi nelle mischia dei pecoroni in fila sulla tangenziale?
Magari, oh voi gentili autisti che ululate i mortacci di colui che segue la fila senza svicolare "tagliando così la strada" al vostro sorpasso azzardato, crederete che uscire di casa su 4 ruote migliori la vostra giornata. Invece quanti e quanti chilometri di fila e minuti di ritardo accumulate, insieme ai litri d'acido dei succhi gastrici?
Se non siete di marmo, romani cari, non avrete danni permanenti dalla pioggia di Roma.

venerdì 1 giugno 2007

Odor di umanità

Adoro quella battuta che fa "Ci si espone a sentire di tutto andando in giro con le orecchie".
Ma anche portare a spasso il naso non è cosa da poco.


Stamattina il treno della F1 Orte-Fiumicino delle 07.59 era più azzeppato di gente del solito. Credo che ognuno a suo modo dovrebbe essere realista e capire che un corridoio largo al massimo 1 coppia di fianchi e mezzo non possa essere popolato da più di 2 persone a sardina (misure standard ovviamente: io con qualcuno a fianco sto comunque scomoda). Inoltre per la legge della fisica della impenetrabilità dei corpi dove è presente un corpo non può essercene un altro, legge non rispettata nei treni dove l'eccezione conferma la regola.
Fisica a parte però, è pur vero che a lavoro dobbiamo andare tutti e tutti tentiamo di non arrivare in ritardo, perciò quando ci ritroviamo sulle banchine tanti quanti i numerosi di Quarto convocati da Garibaldi, si fa tutti un bel respiro e ci si mette l'anima in pace: viaggio tosto.


A quel punto stare a sottiletta è il meno. Il peggio è essere costretti a sniffare i vari odori umani che le temperature dei mezzi pubblici accentuano copiosamente.
Se uno è vestito come un deficente, guardi da un'altra parte; se chiaccherano di cretinate sotto le tue orecchie ti estranei pensando ai fatti tuoi; ma qual rimedio contro gli odori "sgradevoli"? I fazzolettini profumati? I sali? Lavorare di fantasia immaginando che l'odore sia una fragrante zuppa di cipolle?

...Si, con comodo. Aspetto qui che finiate di vomitare...

Finito? Dicevo, che soluzione c'è? Io temo nessuna.
Chi dei mezzi pubblici ne ha sentito parlare solo al tv in occasione degli scioperi, chiaro che non possa capirmi. Però chi è abbonato Metrebus come me non può che essere solidale...


L'odore di sudore non è però l'unico sgradevole. Al mattino, ringraziando Iddio, il succitato problema non è percepibile come nelle ore più calde della giornata, dopo una copiosa sudata da stress-anti-boss e nervi da very-bastard-client.
Al mattino, al contrario, fanciulle e signore improfumate ti sfilano sotto il naso, e per alcune ogni passaggio è come un urlo in un orecchio: mi riferisco alle abluzioni profumate dei rituali mattutini femminili. A volte, anche nel loro essere malsane, si tratta di fragranze discrete: muschio bianco per esempio, o altri miscugli di essenze dai nomi esotici come blu oceano, verde prato, passion cetriol e via discorrendo.

Ma la vaniglia... ODDIO LA VANIGLIA!!!!
Mica che non mi piaccia eh? Ce l'ho anche io e lo trovo un piacevolissimo profumo, anche se lo preferisco su una torta. Pero secondo me dovrebbero dare un patentino per l'uso dei profumi alla vaniglia. La annovererei tra le armi bianche, perciò necessiterebbe per lo meno di un vademecum. Già mi immagino il titolo del manuale: "Guida all'uso consapevole della vaniglia. Il dolce che uccide".


E da quell'odore mica ti estranei poi! Ti si poggia nel naso e ti fa pure venire la fame da cornetto, ti distrae dai propositi di dieta, ti segue fino a lavoro, quando crolli urlante per i crampi alle 11.30 supplicando un morso di plum-cake.

La vaniglia è universalmente riconosciuta come un profumo sensuale, carico di promesse... Ma non è chiaro se così gli uomini li ammaliamo (voce del verbo ammaliare, non ammalare eh?) o se li prendiamo per la gola...