Certo che la vita è davvero severa.
Non voglio pronunciare luoghi comuni tipo che sia crudele, che siamo nati per soffrire, che non esiste più la mezza stagione... Vediamo invece di essere più concreti.
Di lezioni, che siano di zucchero o di olio di ricino, ce ne riserva a decine e, ammettiamolo pure, al 100esimo cucchiaino di fiele pensiamo di esserci ormai fatti le ossa. Siamo più preparati, abbiamo le spalle più ampie, sopportiamo meglio le bastonate...
Poi arriva una telefonata di amici a cui vuoi un bene dell'anima... che ti dicono di un lutto nella loro famiglia. Ne avverti nella voce tutto il dolore, la tragedia composta, ti raccontano come è stato... E i bicipiti gonfiati da "palestrato della sofferenza" si accasciano con un sonoro pssssss...
Non so che fare.
Andiamo a trovarli piombandogli in casa, quando magari avrebbero piacere di restare in famiglia in un momento simile. Mi pare inopportuno.
Gli mandiamo un telegramma. Però non sarà un po' troppo scostante? Sa di "partecipiamo al vostro dolore anche da lontano" il più lontano possibile.
Andiamo ai funerali. Anche se il defunto l'abbiamo (mi pare) intravisto una sola volta. Si è vero, noi andiamo per i vivi, non per i morti... ma il resto del parentame vivo e vegeto non ci considererà di troppo? Non disturberemo il loro dolore?
E' proprio quando vorresti dimostrare il più possibile la tua partecipazione e il tuo sincero affetto, non sai più che pesci prendere.
Alla fine qualunque cosa fai è giusta... oppure è sbagliata. Dipende da che lato la guardi.
Gli unici bicipiti della vita sono l'affetto e l'istinto del momento.
Chi ti ama sa cosa vuoi dire e perché. Tutti gli altri... bhe, almeno diamo loro qualcosa di cui discutere.
partecipa. al momento non servirà, ma dopo "i vivi" ricorderanno con gratitudine che ci sei stata, e sapranno che per loro "ci sarai sempre"
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